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Via dell’ Aquila

La vita nel ghetto

Via dell’Aquila. Fototeca biblioteca Panizzi, raccolta Regiensia – vol. XIII. Reggio Emilia 1900 ca. 

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Tra il 1669 e il 1670 via dell’Aquila divenne il centro del ghetto di Reggio Emilia. Nonostante i portoni chiusi al tramonto questa zona diventa un luogo di fede, studio e solidarietà per quasi due secoli.

Via dell’Aquila. Fototeca biblioteca Panizzi, raccolta Regiensia – vol. XIII. Reggio Emilia 1900 ca. 

Via dell’Aquila. Fototeca Istoreco, foto Andrea Mainardi. Reggio Emilia 2024

Perimetro del ghetto di Reggio Emilia. Vittorio Nironi, le case di Reggio Emilia nel Settecento, Reggio Emilia, Bizzocchi 1978 

Tra il 1669 e il 1670, trasferire tutte le famiglie cristiane fuori dall’area destinata al ghetto e concentrare la popolazione ebraica in un piccolo spazio non fu un’impresa semplice, né dal punto di vista umano né da quello amministrativo. La zona interessata era tradizionalmente abitata da famiglie povere, sia cristiane che ebree.

Entro la Pasqua del 1670 furono completati i lavori urbanistici, inclusa l’installazione di sette portoni di accesso che venivano chiusi al tramonto e riaperti all’alba. Durante la notte, il ghetto restava sigillato e sorvegliato da guardiani cristiani, il cui mantenimento era a carico della Comunità ebraica.

Sull’arco che chiudeva la via fu murata un’epigrafe con lo stemma estense raffigurante l’aquila reale, da cui prese il nome Via dell’Aquila.
Il testo dell’iscrizione in latino recitava: 

Deo optimo maximo / dispersos per urbem haebreos / in hunc locum congregavit / serenissima Laura Ducissa Estensis / regentiae sue A. MDCLXXI DIE. I. IAN.” Ovvero: “Con il volere di Dio, la Serenissima Laura, Duchessa d’Este, riunì in questo luogo gli Ebrei sparsi per la città, nell’anno della sua reggenza 1671, il primo gennaio.” 

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Interno della sinagoga. Fototeca biblioteca Panizzi. Reggio Emilia 1908


Durante i quasi 200 anni di esistenza del ghetto di Reggio Emilia, al suo interno sorsero alberghi per gli ebrei di passaggio, ospedali, istituti scolastici e, nell’Ottocento, persino un asilo per bambini di entrambi i sessi. Oltre al Tempio Maggiore, erano attive sale dedicate alla sinagoga tedesca e alla sinagoga spagnola.

Il ghetto disponeva anche di un mikveh per il bagno rituale di purificazione, di un forno e di un macello conformi alle leggi alimentari della kasherut. Si formarono confraternite dedite allo studio del Talmud, alla preparazione dei riti funebri e al sostegno dei poveri. Vi erano inoltre contatti regolari con comunità ebraiche nazionali e internazionali. 

Tra le opere di beneficenza, spiccava quella destinata ai pellegrini poveri. Per accogliere questi viaggiatori, la Comunità mise a disposizione la casa di Isaia Liuzzi, situata in Via dell’Aquila di fronte alla sinagoga. Dai documenti settecenteschi emerge un intenso viavai di ebrei provenienti da, o diretti, verso luoghi remoti d’Europa o del Medio Oriente. I pellegrini malati trovavano ricovero e assistenza in una sorta di infermeria.

Nel 1858, sul luogo della prima sinagoga, fu costruita una nuova sinagoga, che però subì gravi danni collaterali durante un bombardamento nell’agosto del 1944. 

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